giovedì 28 agosto 2008

Scrivo ti amo con la segatura


Non ho resistito. Nel blog di Choppa c'è il booktrailer di "Nel dubbio ti amo", libro e dvd che raccolgono i "migliori" videomessaggi del programma The Club. Non ho resistito a scriverne anch'io per due motivi. Il primo è che nella convulsa "zappata" serale in tv, spesso non riesco a scollarmi dallo schermo quando ci sono le clip di The Club. Sono eccezionali, raro esempio di narcisismo televisivo. Secondo, perchè cercando su You Tube qualche altro video, ho trovato vere e proprie perle di umanità pavoneggiante che, non volendo (ma siamo veramente sicuri?), rende tutto così meravigliosamente grottesco. In una di queste (contenuta nel video qui sopra) viene narrata una follia d'amore: "ho scritto ti amo sulla spiaggia, alla mia ragazza, con la segatura e la tanica di benzina... e l'ho infuocato". Questo, signori miei, è Moccia hardcore.

mercoledì 27 agosto 2008

Eravamo meglio noi


In questo periodo le mie letture sembrano legate da una qualche logica per nulla esplicitata, in qualche modo casuale. E’ strano, dopo aver terminato la lettura di un libro, riscontrare una serie di legami con il precedente. Se in passato facevo ricorso al caso, oggi inizio a preoccuparmi. Che le mie scelte, apparentemente casuali, nascondano un fil rouge spontaneo? Una lettura influenza la scelta dell’altra? Probabilmente si.
Dopo aver letto Narratori delle pianure, mi ritrovo tra le mani Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli e i valori condivisi tra i due libri sono le ambientazioni: ancora la pianura padana, in questo caso Reggio Emilia e Correggio principalmente. In quest’ultimo libro, che ho trovato semplicemente fantastico, c’è quell’analisi sui gruppi degli anni settanta che tanto (e pure troppo) hanno offerto a narrazioni future. C’è tutto il disorientamento di una generazione che inizia a scricchiolare, dove la sua unità stava per frammentarsi in un arcipelago di piccole comunità deboli ad affrontare le sfide degli anni ottanta. Ma l’aspetto più sorprendente del libro, che è composto da sei racconti, uno dei quali intitolato proprio Altri libertini, è il linguaggio. E’ lo strumento che lo scrittore utilizza per coinvolgere il lettore in quelle atmosfere. La provincia e i suoi ritmi, la voglia di strapparsi le radici da quei paesaggi sonnacchiosi e prendere il largo, tutto questo è meravigliosamente narrato da Tondelli. Le osterie, con i suoi vecchi seduti su tavolacci ad osservare quei giovani così diversi, ma tale sorpresa svanisce sotto i colpi martellanti del vino. Gli amori difficili, il sesso, i rapporti controversi, l’instabilità dei sentimenti, l’egoismo nell’appagarsi con il prossimo: le parole di Tondelli sono dirette e spietate. E la provincia è sempre lì, statica. Interessante è il confronto tra Bologna, dinamica, giovane, interessata e vitale e Reggio Emilia, più lenta e borghese; Correggio, invece, interpreta i vuoti della provincia, i silenzi prolungati.
I giovani, infine, loro si concentrano in personaggi-archetipo che si muovono storditi, innamorati, intimoriti, insicuri e crudelmente consapevoli del futuro. E’ un libro da leggere perché dopo tante serenate alla generazione settantina che fu (alcune davvero pesanti, retoriche e nostalgiche), qui c’è una vena pura di esperienze ancora immune dalle speculazioni del tipo “eravamo meglio noi di voi”. Da leggere.

sabato 23 agosto 2008

Pillola #1

Pillole è la nuova rubrica di questo blog. Senza alcuna cadenza precisa posterò piccole storie che vivo. Buona lettura.
Il bus 86 fermo al capolinea Termini sembra una piccola balena con le branchie aperte. La gente entra con calma, tanto il motore è spento. Una filippina chiacchiera al telefono, il tono di voce aumenta di frase in frase. Una famiglia di turisti, tutti bianchissimi e con i capelli biondissimi, entra affannata nel bus, i bambini si precipitano ad occupare i sedili, il papà se la ride. Un uomo dalla pelle nera e asciutta entra con occhi tristi dalla porta di fronte alla posto di guida. Si siede di fronte a me non nascondendo un certo stato di ebbrezza, causa il forte odore di alcool. Nasconde il viso dal sole ancora in cielo, fiero e rovente, nonostante le sei e mezza di pomeriggio. La voce della filippina aumenta, ora si mette anche a gesticolare, quasi volesse descrivere con ampie bracciate ciò che racconta a chi sta dall’altra parte del telefono. Il bus parte borbottando un po’, si accende l’aria condizionata, a confermarlo un leggero ronzio. La voce della filippina è assordante, il tipo di colore sbotta, le urla un richiamo, quella si gira staccando il cellulare dall’orecchio, lui le fa il gesto di zittirsi, lei alza le spalle e riprende a cinguettare. Il resto del bus si rammarica per la battaglia persa. La famiglia di turisti finge di interessarsi alla guida della Lonely Planet; una ragazza aumenta il volume dell'Ipod. Il valoroso uomo di colore ora affonda il viso nelle sue mani nodose, si dispera, dovrà sopportare quella voce stridula fino al momento della sua fermata. Tanto vale chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dall’ammortizzatore.

venerdì 22 agosto 2008

Da una vetrina osservo il mondo


Bazzicando nella rete, così per caso, ho conosciuto la voce di Cat Power. Non conosco il suo album, ma di certo The Greatest è un bel pezzo. Semplice, con voce morbida e intensa. Mi fa pensare ad una tazza di caffè fumosa sorseggiata in un locale che si affaccia su di una strada affollata, con magari una leggera pioggerellina e qualche impermeabile che svolazza.

Ci sono dei momenti in cui preferisco stare dalla parte della vetrina e osservare la gente muoversi. Non riesco a fare a meno di buttare un occhio sull’espressione sorpresa di una signora di mezza età, mentre legge il settimanale del pettegolezzo, o della camminata ciondolante di un ragazzino vestito da rapper, che fa gracchiare il suo telefonino con i pezzi hip hop. Mi piace capire il perché, in certi luoghi, esistono certi usi ed in altri meno. Mi piace osservare l’atteggiamento che una determinata persona manifesta, e comprendere il perché lo faccia, proprio in quel modo ed in quel preciso momento. A volte mi sento un esploratore (con tanto di cappellone da safari) che con la sua lente scopre ed analizza la fauna circostante. La mia giungla da scoprire è la città e le sue mille sfaccettature. E dalla vetrina di un bar c’è tanto, ma davvero tanto da capire.

Tutto questo per arrivare al nocciolo della questione: chi mi offre una tazza di caffè?

giovedì 21 agosto 2008

Il ritorno: impegni, propositi e letture

Finiscono le vacanze e tornano a bussare alla porta gli svariati impegni abbandonati qualche giorno più in là sul calendario. La priorità è la tesi, o meglio, le tesi visto che dovrò scriverne due (stravaganze del mio corso di laurea). Sto ultimando le letture. Quella più impegnativa riguarda la diffusione dell’editoria su web attraverso gli strumenti di aggregazione come blog e social network. Un lavoro davvero bello che si plasma meravigliosamente con i miei, più che evidenziati su questo blog, interessi per la letteratura. C’è da leggere, c’è da scrivere, c’è da discuterne. Insomma, quello che si prospetta è un autunno caldo.

Dopo il viaggione in America sono andato a refrigerarmi a Marano Equo, è da quando ho zero anni che ogni estate vado da quelle parti, ho un bel po’ di amici e la settimana vola via senza grandi noie. Questa estate, ricca di esperienze, è stata anche la scoperta di una serie di persone davvero interessanti, qualcuna stravagante, qualcun’altra riflessiva e metodica, e anche qualche riscoperta, cioè persone che si pensavano di conoscere ed invece hanno mostrato nuove doti, belle sorprese.

E poi, come ogni estate, ho pensato tanto. E di idee ne sono maturate un bel po’. Tra queste c’è quella dei miei racconti. Sto per terminare la raccolta (la seconda, sudata e spesso trascurata) dei miei nuovi racconti. Chi li ha letti, gente fidata, dal palato sopraffino, li ritiene un passo in avanti rispetto a quelli di un anno e mezzo fa. Io non saprei giudicarli, anche se quando digito il punto definitivo di ogni racconto rimango abbastanza soddisfatto. Ho seguito, e sto seguendo, i consigli di diverse persone che mi stanno aiutando a tirar fuori la giusta dose di personalità, è un esercizio non facile perché obbliga a mettersi in discussione, a prendere parte al racconto inserendo fatti, emozioni e pensieri provenienti dalla propria esperienza.

Infine le letture. L’estate per me è anche questa, concedersi il lusso di passare più tempo con i libri. Ho letto un paio di bei romanzi. Una buona prova è quella di Enrico Brizzi con il suo L’inattesa piega degli eventi. Io con Brizzi c’ho delle difficoltà nell’approccio con la sua scrittura. Escludendo il primo e citatissimo romanzo (Jack Frusciante è uscito dal gruppo), le altre sue opere le ho trovate noiose, macchinose e poco coinvolgenti, ma a leggerne in giro sulla rete l'ultimo romanzo sembrava interessante e segnava una certa discontinuità col passato. Effettivamente è così. Immaginatevi un’Italia che nel 1960, oltre ad ospitare le Olimpiadi, è dominata politicamente da Mussolini. E poi di un giornalista sportivo, tale Lorenzo Pellegrini, costretto a scontare le sue passioni per le donne con la “retrocessione” a seguire il campionato di calcio della colonia dell’Africa Orientale. Da qui prende vita un mondo inventato fino al più piccolo particolare da Brizzi: una dittatura ipotizzata che si confronta con la realtà del 1960. Niente è lasciato al caso, Brizzi architetta con minuziose descrizioni anche l’assetto politico-sociale dell’Italia mussoliniana: una rottura definitiva con la Chiesa; una dittatura morbida in patria (anche se ancora temuta), baldanzosa e miseramente colonialista nei territori controllati. Per il giornalista Pellegrini il viaggio forzato sarà l’occasione per scoprire e comprendere l’altra Italia, quella di un’Africa che scuote le spalle per scrollarsi di dosso il peso del colonialismo. Il resto è il susseguirsi delle partite e l’avventura del San Giorgio di Addis Abeba, capitanato dallo statuario Aregai, alla conquista del titolo per poter partecipare al Torneo delle Sette Repubbliche (dove si affrontano tutte le squadre più forti dell’Impero, compresa la fortissima Juventus). Bello, in alcuni momenti un po’ ripetitivo, ma comunque un buon romanzo. Interessante l’arrivo del San Giorgio a Roma per partecipare al torneo. Nella capitale Brizzi dipinge l’atmosfera del declino della dittatura con le conseguenti tensioni e reazioni della società disorientata e in mobilitazione.

L’altro libro, terminato di leggere pochi giorni fa, è Narratori delle pianure di Gianni Celati. Sono incappato nella scrittura di Celati grazie a degli studi e approfondimenti, di lui non sapevo assolutamente nulla. Vi basta sapere che il libro in considerazione venne recensito da Italo Calvino, e non per galanteria, ma per una profonda relazione con lo scrittore di Sondrio, infatti nei trenta racconti scritti da Celati, scanditi dal susseguirsi di un viaggio lungo la Pianura Padana (graficamente rappresentato da un percorso su cartina), c’è una certa somiglianza con la scrittura calviniana. Ma se Calvino sembra scrivere con trasparenza e leggerezza, Celati, al contrario, fa uso di immagini concrete e solide, parole sfoltite dal suono, semplici e dirette. I racconti a volte si impregnano di una strana sensazione di vuoto. Il vuoto della pianura, i silenzi delle strade immerse nella nebbia, il cigolare ritmico delle biciclette. Anche i personaggi, descritti a tratti essenziali, prendono parte a questa atmosfera di precario equilibrio, sono immuni da ogni tipo di ulteriore approfondimento o di considerazione etico-sociale: sono i personaggi plasmati per quella storia, punto. Di certo non capita spesso di leggere storie simili e, ancor più certo, è il fatto che in queste storie il distacco, la negazione dell’autore, il senso di vuoto (mi ripeto) è profondo e palpabile. Questo libro lo considero l’altra faccia della novellistica italiana contemporanea, senza proclamare alcuna pretesa letteraria, solo una personale constatazione, quella che nasce dal ramo nodoso e straripante di linfa di Italo Calvino, ma che poi germoglia nelle zone d’ombra, quelle dove non sempre il sole riscalda e dove le storie si fanno sottili come lamine.

giovedì 7 agosto 2008

Avventure a stelle e a strisce


Un piccolo assaggio fotografico lo trovate qui, c'è un pò di tutto ben mescolato. Una delle avventure di questo viaggio in America che effettivamente ci è piaciuta, e mica poco, è quella del citofono di casa del Piggi. Quest'ultimo vociferava che avrebbe scritto lui riguardo questa storiella, non voglio sottrargli l'esclusiva (se però aggiorna il blog, magari...). Domani me ne vado a Marano Equo, come ogni estate vuole. Passo dai grattaceli di New York ai vicoli minuscoli e silenziosi (che neanche GoogleMap riporta) della provincia. Un bel salto di dimensione, non c'è che dire. Ci si rivede poco dopo le ferragosto: buona estate a tutti!
Postilla squisitamente personale: ma perchè l'acqua del water americana è così alta? Ma alta alta, roba che sfiora le rotondità posteriori. Misteri mai risolti per noi miseri europei.
Seconda postilla sempre squisitamente personale: e perchè, se una pietanza, già ben condita, deve essere nuovamente condita fino a perderne il suo sapore originale? Altro mistero irrivolvibile per i nostri stomaci italiani.
Nella foto un cino-tirolese si appresta a fotografare per la ventiquattresima volta la comitiva occhi a mandorla in gita alle cascate del Niagara.