martedì 1 luglio 2008

Aggiornamenti (dopo un pò di silenzio)


Dopo un bel po’ di tempo torno a scrivere, scusate il lungo silenzio, ma il mese di giugno è stato pieno di impegni e comunque ne sono uscito tutto intero. Di novità ce ne sono, eccome. La prima, e senza dubbio quella che più ronza nella testa in questi giorni, è il viaggio che dal 17 luglio intraprenderò insieme a Fede per gli Stati Uniti. Destinazione Philadelphia, ospiti del Piggione, curioseremo nel paese a stelle e strisce e forse terrò aggiornato il blog con foto e commenti.

Per quanto riguarda la lettura, invece, ho un po’ di libri in arretrato da proporvi. Non vorrei scrivere per ognuno di questi un post, preferisco quindi lasciarvi un commento globale a questi tre titoli sperando che possano stuzzicarvi. Il primo che ho letto (ordine cronologico) è La banda Bellini di Marco Philopat, romanzo incentrato sulle vicende giovanili e politiche nella Milano degli anni settanta. Io lo definirei un libro di scrittura orale, si perché Philopat riversa nel romanzo le voci dei protagonisti, sembra quasi ascoltare un intervista in presa diretta che non esclude i suoni, le imperfezioni, i balbettii, i rumori insomma che disturbano l’atto del dialogare. La storia segue l’evolversi dei movimenti di sinistra dalla fine degli anni sessanta ai durissimi anni settanta, fino a giungere allo sgretolamento della coesione giovanile. Il libro, a mio parere, qualche volta si incespica, ci sono alcune zone grigie che allentano un po’ l’attenzione, ma complessivamente è un buon libro e una buona testimonianza di quegli anni.

Ho letto, subito dopo, alcune storie di Jack London, precisamente tre racconti della raccolta Racconti dello Yukon e dei mari del Sud, assaporando per la prima volta la scrittura tagliente e asciutta dello scrittore di San Francisco. I racconti di London hanno come protagonista la natura e le sue manifestazioni, a volte splendide, altre volte spietate. Il confronto tra uomo e natura, nel freddo del Nord America o nel caldo asfissiante dei mari del Sud, si incentra sull’leitmotiv “la natura non conosce il senso dell’etica”, e di conseguenza uccide o lascia vivere, sottrae o dona senza alcuna remora. Ho letto alcuni dei racconti di London perché, dopo aver visto Into the wild e approfondendo la storia di Christopher McCandless, ho scoperto che il viaggiatore senza meta era un appassionato dei racconti di Jack London. Effettivamente quella natura selvaggia ed ostile che Christopher affronta e cerca di conoscere, è descritta perfettamente dallo stesso London. L’uomo ha paura della natura perché sa che questa non limita la sua azione, perché la vita in natura è della natura, non si estranea in luoghi artificiali come le nostre città, e quando l’uomo tenta di domarla, la natura, questa si dimena e scalcia lasciando ferite profonde, a volte indelebili se non irrimediabili. L’uomo americano di fine ottocento che smania alla ricerca dell’oro, impatta spaventosamente con la realtà dura e cruda della natura: i meno trenta gradi del gelido nord che troncano le dita dei piedi o la solitudine straziante degli inverni passati, sono gli ostacoli che la natura interpone tra il volere dell’uomo e il suo completamento. E così gli eventi naturali diventano personaggi attivi, capaci di cambiare il destino degli uomini senza (ed ecco ciò che più inquieta Jack London) nessun senso di arbitrio, senza alcuna spiegazione antropocentrica. Se un libro o un racconto lascia qualcosa, allora è il caso di dire che la scrittura di London offre notevoli spunti per riflessioni: da leggere.

Infine l’ultimo libro che ho letto, terminato ieri sera, è L’ottava vibrazione di Carlo Lucarelli. E’ la colonia italiana di fine ottocento a fare da scenario: Massaua e l’Eritrea italiana, il caldo asfissiante dell’Africa, il sudore sui vestiti occidentali, le donne africane nude, i giovani soldati strappati dalle realtà rurali (e così differenti da regione a regione) e costretti a marciare sotto un sole cocente, tutto questo, e una storia avvincente, è il libro di Lucarelli. L’intreccio dinamico rende la storia sempre più interessante, ma, in aggiunta, è il contesto storico a far da padrone. Lucarelli utilizza una mole di particolari storici che rende al meglio l’ambientazione del romanzo e, soprattutto, modella a tutto tondo le caratteristiche dei personaggi. Tra queste quella di Vittorio che fa le magie, ovvero fa sparire parti dei materiali inviati da Roma, e poi Aicha, una commistione di femminilità e istinto felino, che usa un linguaggio incomprensibile, un mistero in quel vortice di dialetti italiani. L’ottava vibrazione è un romanzo coraggioso, si perché Carlo Lucarelli scommette in un romanzo per nulla facile, lontano dalle sue opere e imprese multimediali, la sconfitta di Adua è una pagina sottovalutata della nostra storia e lo scrittore di Parma cerca di ridarne luce e visibilità seguendo un ottimo intreccio tra dati storici e fiction. Forse il numero delle pagine allenta una storia che poteva essere ridotta, ma complessivamente l’impresa è riuscita, Lucarelli è da best-seller.

2 commenti:

Naima ha detto...

ciao andrea abbiamo gusti piuttosto simili nelle letture, leggo sempre con piacere le tue rece!!

Andrea Patassa ha detto...

@naima:ciao!!grazie, mi fa un sacco piacere! Ora sto leggendo un altro romanzo niente male, appena c'ho le idee chiare scrivo sicuramente qualcosa. Ciao e grazie ancora!