martedì 30 settembre 2008

E come va la tesi?


Sono entrato nella fase produttiva del progetto "si, voglio laurearmi". Sto spendendo neuroni e diotrie nella scrittura del primo capitolo della tesi. Premessa su cosa sto scrivendo (ovvero non ti andare a ricercare post vecchi): sto analizzando come i socialnetwork influenzano, incentivano, diffondono, stimolano le pratiche letterarie e le strategie editoriali. Da questo, però, c'è una base abbastanza solida che funge da premessa, quindi capire meglio cos'è l'orizzontalità nella rete e se davvero si può riscontrare esclusivamente su Internet. Comprendere come le pratiche sociali si sviluppano nella rete, partendo dal concetto di interazione (che sembra una parola tanto semplice, ma che nasconde una profondità di signficato bellissima).
E poi le pratiche letterarie non si riducono a semplici scritti nati sul web e in un secondo momento riversati nelle versioni cartacee vendute in libreria, come spesso accade nell'ambiente musicale dove le myspace-band emergono e poi, alcune di queste, si affacciano sul mercato discografico (in passato ciò stupiva notevolmente i giornalisti di settore, oggi è pura quotidianità). No, per fortuna il fenomeno è poliedrico e eterogeneo. Per esempio, sto analizzando una pratica narrativa (forse letteraria?) come quella della fan fiction che, guarda un pò, anche in Italia è battuta. Sto affrontando le differenze tra i diversi socialnetwork, la prima distinzione che riesco a delineare è quella tra i tipici socialnetwork che fungono da connettori tra le persone che si conoscono (io ho tra i miei amici "Libro Faccia" ex-compagni delle elementrari) e quelli specializzati come, per esempio, aNobii (che descriverò nel dettaglio).
E poi... e poi è meglio che torno a scrivere. Salut'.
Postilla squisitamente NERD: nella foto un esempio grafico di socialnetwork.

sabato 27 settembre 2008

Rincorrendo un pensiero


Ci sono momenti nella giornata durante i quali penso al blog e a quello che potrei scrivere. Affiorano idee, commenti, polemiche e recensioni che si spintonano nei miei pensieri, ognuno vorrebbe essere il primo a trasformarsi in parole. Ma poi le ore scorrono, gli impegni si accatastano tutti dritti dritti sulla mia scrivania ed ecco che le idee volano via, chissà per dove poi. Però qualcosa è rimasto. Ho letto Palomar (il nome al personaggio principale del libro è un chiaro riferimento all'osservatorio astronomico vicino Los Angeles) di Italo Calvino. Da tempo il libro attendeva impaziente sul mio comodino (che sembra un parcheggio di libri mal custodito ), non potevo non notare un evidente strato di polvere spessa e grigiastra concentrata sulla copertina. Leggendolo mi maledicevo: come ho fatto a non leggere questi racconti prima di oggi? Palomar è un libro stracolmo di pensieri, di idee e di riflessioni tendenti verso la “filosofia masticata”. Intendo, per filosofia masticata, quella capacità della filosofia di farsi capire da tutti, e che non sempre viene adottata. La semplicità, a volte, rende tutto molto complesso. Credo che in questo Italo Calvino abbia sempre creduto. Il libro è consigliato, naturalmente; e non posso fare a meno di riportare una mia piccola e modestissima reazione post-lettura.
Come scrive Calvino nella nota marginale, il libro è suddiviso in tre aree tematiche: la prima è dedicata all’esperienza visiva, la seconda approfondisce il tema antropologico e culturale, la terza, infine, tende a caratterizzarsi nel tema della riflessione. E’ la seconda area che ho trovato più interessante, in particolare il racconto in cui il signor Palomar osserva dal suo terrazzo i tetti di Roma. Una particolarissima descrizione di Roma vista dai tetti (sembra quasi un dipinto minuzioso, attento a riportare tutte le linee, le luci e le ombre delle architetture) introduce questa riflessione
:«Nulla di tutto questo può essere visto da chi muove i suoi piedi o le sue ruote sui selciati della città. E, inversamente, di quassù si ha l’impressione che la vera crosta terrestre sia questa, ineguale ma compatta, anche se solcata da fratture non si sa quanto profonde, crepacci o pozzi o crateri, i cui orli in prospettiva appaiono ravvicinati come scaglie di una pigna, e non viene neppure da domandarsi cosa nascondano. Così ragionano gli uccelli, o almeno così ragiona immaginandosi uccello, il signor Palomar. “Solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose, conclude, ci si può spingere a cercare quel che c’è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile».
Insomma, non leggerò mai tutti i libri che la vita mi offre; non conoscerò mai tutte le persone che la terra accoglie; non capirò mai tutte le teorie che i pensatori producono; non saprò amare mai tanto quanto basta; non toccherò mai tutta la superficie del mondo eppure non posso fare a meno di provarci. Io, noi siamo incompleti. Ecco perché rincorriamo perpetuamente la perfezione e non la acciuffiamo mai, ma facendo questo, diamo vita a cose fantastiche ed orribili allo stesso tempo.
«Rileggendo il tutto, m’accorgo che la storia di Palomar si può riassumere in due frasi: “un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato”».
Postilla decisamente personale: ho finito gli esami. Ci tenevo a scriverlo, ohibò.

sabato 20 settembre 2008

Novità, libri e una piccola critica

Un bel po’ di novità. La prima, come potete notare, è la grafica. Dopo un anno e qualche mese con lo stesso vestito, il blog meritava qualcosa di nuovo. Ho usato i colori primari e un paesaggio elettrico, si perché di questi tempi sono molto elettrico (in tutti i sensi). Altra novità, ho ampliato la sezione contatti, oltre alla mail ci sono i contatti Facebook e aNobii. I tags sono stati formattati a nuvola, quelli più utilizzati risultano essere i più grandi e, via scorrendo, i meno etichettati se ne stanno piccoli in fondo. Due cosette in fase di allestimento: la prima è quella della raccolta dei miei racconti Ore piccole che vorrei farvi scaricare ma, sinceramente, non so proprio come fare. Consigli? La seconda riguarda i miei link, vorrei risistemare il tutto, dividendo gli amici blogger (e non solo) dai siti più istituzionali. Va bè, con un po’ di pazienza tutto si sistema.

Per quanto riguarda le mie ultime letture ho due bei consigli da proporvi. Il primo romanzo è quello di Vanni Santoni, Gli interessi in comune. Un romanzo che si sviluppa in racconti, anzi, per meglio dire, leggende da bar sorprendentemente narrate. La provincia toscana fa da sfondo. Il libro è il susseguirsi delle vicende di un gruppo di amici che provano diversi tipi di droga (i nomi delle droghe scandiscono ogni capitolo). Alcuni personaggi emergono con grande forza, fra tutti il Mella che in alcuni tratti si scolla dal normale scorrere della storia, mostrandosi a tutto tondo. Non è facile in un romanzo far emergere così bene i personaggi, e quando questo accade, il merito è dello scrittore che riesce a collocare nell’immaginario del lettore una figura nitida, quasi palpabile. Si parla di giovani, ma se ne parla in modo diverso, decisamente più cinico e distaccato. Una letteratura sui giovani lontano dagli stereotipi brizziani (non che Brizzi, con Jack Frusciante non mi sia piaciuto, ma avevo diciasette anni) o, dio ci salvi, da quelli mocciani (mai provato). E’ da leggere.

L’altro romanzo è Despero di Gianluca Morozzi. Mi è stato regalato dalla Fede per il mio compleanno. Azzeccatissimo. La storia narra del giovane Kapra, chitarrista bolognese che forma insieme ai suoi amici di sempre la rock band Despero. Il libro scorre via come niente, e questo è il merito di Morozzi (ah, se vi capita leggetevi Black out: adrenalina allo stato puro), che sa raccontare con una leggerezza e, qualche volta, con fare scansonato, storie d’amore, musica, birre e assoli di chitarra elettrica. C’è un velo di malinconia che pian piano si appesantisce (forse un po’ troppo, forse un po’ troppo nostalgico), ma nel complesso il romanzo è spassoso e frizzante.

Infine, lascio due righe due riguardo l’ultimo film di Ferzan Ozpetek: deludente è dir poco. Non che il regista turco mi abbia fatto impazzire in passato, ma quando finiva un film un messaggio c’era, qualcosa riuscivo ad assimilare da quella storia. Nel film Un giorno perfetto tutto è miseramente statico e, allo stesso tempo, scontato e gratuito. L’impianto narrativo pessimo, le scene di violenza sono gratuite e mai contestualizzate e i personaggi recitano in ruoli stereotipati. E poi basta con ‘sta trasposizione in pellicola di romanzi tristissimi, esistenzialisti, grondanti di pessimismo all’italiana. Il messaggio che passa è la visione di una società vista con gli occhi di chi, ogni sera, placa i suoi borbottii sul costume italiano sorseggiando Martini (con oliva verde, please). Scusate lo sfogo.

giovedì 18 settembre 2008

Pillola #4

"Perchè ti sta venendo la chierica?"
"Perchè l'aureola è troppo vicina e brucia i capelli".
"Ah".

giovedì 4 settembre 2008

Pillola #3

Nino apre le ali, una leggera brezza lo sfiora. Nino è cielo e terra, Nino della notte si colora.
E così la gente si accalca ai piedi del palazzo, i vigili del fuoco si fanno spazio tenendosi stretto il loro casco. Il Lungotevere, senza neanche accorgersene, continua a far scorrere lento le auto.

lunedì 1 settembre 2008

Pillola #2

La signora anziana legge un giornale gratuito e commenta scandalizzata lo “scempio” che ieri hanno imbastito alla stazione. «Non se ne può più», confessa con sdegno alla sua amica accanto, «questi vanno presi a mazzate, punto e basta». L’amica, senza distogliere lo sguardo dalla rivista scandalistica che in copertina è un bel collage di chiappe al vento, fa cenno di si con la testa. «E poi», incalza la prima, «’sti napoletani non c’hanno rispetto, sono proprio ignoranti». L’altra, continuando a leggere dice «il marito di mia figlia è di Napoli». «Che brava persona», risponde con tono asciutto la prima girando pagina.