venerdì 18 luglio 2008
ItaloAmericani
Siamo ufficialmente in America. Il viaggio è andato bene, lungo, un pò noioso, ma sostanzialmente tranquillo e senza imprevisti. Giusto all'atterraggio c'è stato uno sbrattare corale, io e Fede abbiamo tenuto fermi i nostri stomaci con grande forza e coraggio.
All'aeroporto abbiamo beccato il Piggione che ci ha teso una trappola da dietro un muretto. Dopo una brevissima sosta a casa siamo usciti ad esplorare Philadelphia. L'impatto non è stato assolutamente traumatico, anzi. Philadelphia è una citta di due milioni e mezzo di abitanti, con un'architettura molto simile a quella delle città nord europee: case basse, strade ordinate, molto verde. Non c'è l'atmosfera della grande metropoli. Abbiamo passeggiato in lungo e in largo il centro, e se non fosse stato per il sonno che ci attanagliava, avremmo girato più a fondo le strade. Oggi dedicheremo l'intera giornata a visitare Philly (la chiamano così, very friendly). Gli housemates del Piggio, i suoi coinquilini insomma, sono davvero simpatici, tutte e due spagnoli. Ieri sera, nonostante il sonno parlavamo della Carrà internazionale (che anche in Spagna è conosciutissima) e di un tale Bruno qualcosa, un cantante italiano trasferitosi in Spagna negli anni settanta e famoso per aver cantato molte canzoncine per bambini (una sorta di Cristina D'Avena).
Insomma, l'impatto è più che positivo, siamo curiosissimi e elettrizzati anche perchè domani si va a New York, la grande mela. Un salutone dagli Italoamericani. Oh Yeah.
mercoledì 16 luglio 2008
Domani si parte
Domani si parte. Stiamo nel pieno dei preparativi, le valigie invadono la camera e, come sempre, la lista “delle cose da portare”, insieme a quella “delle cose importantissime da portare”, sembra non finire mai. In tarda mattina prendiamo il volo, ci aspettano nove ore di viaggio, mi sono portato un paio di libri, Fede decanta grandi dormite così per ammorbidire lo shock del fuso orario (ma davvero è cosi traumatico?), io non credo di riuscire a dormire, la mia testa è un vortice di pensieri. Comunque, a breve avrà inizio la nostra avventura a stelle e a strisce.
Prima tappa, naturalmente, Philadelphia dove atterreremo e dove alloggeremo nella Piggi’s house (o Piggi’s room, mi sa che è meglio). Dopo una breve pausa, si riparte per New York, con noi verrà anche il Piggi che già c’è stato. Il nostro albergo è nel quartiere di Chelsea, Manhattan. Cercherò di immortalare il più possibile e, per evitare noiosissime sequenze fotografiche senza fine, posterò una sintesi dei giorni, poi chi vorrà (pazzo, incosciente, non sai a cosa vai incontro) potrà rivedersele tutte a Roma.
Cercherò di essere reperibile su Skype, chi mi volesse contattare potrà trovarmi ogni tanto da quelle parti, vi scriverò quando e a che ora trovarmi collegato. Nient’altro, l’attesa si fa sentire, spero il peso delle valigie di meno. A presto, ciao a tutti!
mercoledì 9 luglio 2008
Black list
“Ma ci sono libri che non ti sono piaciuti?” Effettivamente, parlando con chi bazzica sul mio blog, qualcuno mi ha chiesto se, oltre ai bei libri recensiti, esistessero libri da black list, quelli che proprio non mi sono piaciuti. E’ mio costume non scrivere di quei libri che a me sono sembrati poco interessanti, non per censura, neanche per sferragliare a testa bassa sui binari d’acciaio dei libri più venduti, tanto meno per non offendere l’autore (se poi davvero leggerà questo blog); scrivo quando un libro ha acceso un interruttore nella mia testa: nuova luce in una zona d’ombra. E quando si rischiara un luogo poco conosciuto, è la curiosità e l’interesse a far da padrone, sono loro che mettono in moto i neuroni e mi permettono di scrivere e commentare.
I giudizi, di per sé, non mi piacciono. Insomma, un libro è qualcosa in più di un aggettivo “bello” o “brutto”; un libro è molto meno di una sintesi esaustiva e totalizzante del mondo che viviamo. Un libro è un’impressione, una sensazione condensata in parole, una struttura narrativa formale che nel racconto trova un valido strumento per comunicare qualcosa di più profondo: lo schema del nostro ragionare. Per me leggere è connettersi con i pensieri dell’autore, è un confronto nella sfera virtuale e orizzontale della lettura tra chi comunica con un testo e chi riceve (non passivamente, perché leggere è attività, è azione intellettiva, o no?). Può accadere che la comunicazione sia disturbata. I fattori? Ce ne sono milioni, sono incalcolabili. E’ in tal caso che un libro, a mi giudizio, non riesce ad esprimere il suo potenziale nella soggettività del lettore. Ci sono stati libri, se pur validi, se pur giudicati buoni o addirittura ottimi libri, che io non ho ritenuto tali. Ma questo va oltre un’analisi stilistica, rientra in quello scritto qui sopra. Ecco perché non scriverò di quei libri che non mi sono piaciuti, almeno che, questi ultimi, non trasmettano comunque qualcosa, un valore aggiunto, della benzina per il mio cervello.
Quindi niente black list, nessuna Serie B secondo Andrea. Preferisco raccontarvi quello che provo leggendo qualcosa di stimolante, ricreare in qualche modo l’atmosfera che ho percepito leggendo storie coinvolgenti e penetranti. I libri sono così tanti che, per forza di cose, non si riuscirà mai a leggerli tutti, tanto vale progettare tattiche di lettura seguendo il proprio gusto, il proprio istinto e, ogni tanto, lasciarsi trasportare dal caso.
L'illustrazione è di Ricardo Biriba.
mercoledì 2 luglio 2008
Come ti remixo i Radiohead
In questi giorni l'ultimo album dei Radiohead In Rainbows gira a ripetizione nelle mie orecchie, lo trovo semplicemente splendido. E allora, visto che di televisione ne vedo poca, e di video musicali meno che mai, perchè non cercare quelli dei Radiohead sul web? Qui sopra ho postato uno degli ultimi singoli, Nude, a mio parere un gran bel pezzo e qui sotto, invece, vi propongo una curiosa rivisitazione "analogica" del singolo. Geniale. Per quanto riguarda il video ufficiale, non posso esimermi da una gran risata nel vedere Thom Yorke divincolarsi a rallentatore nella furia del vento. Per il remix, ripeto, geniale.
Considerazione squisitamente personale e fuori tema: fa veramente male la palestra dopo 4 mesi di sciopero muscolare.
Big Ideas (don't get any) from James Houston on Vimeo.
martedì 1 luglio 2008
Aggiornamenti (dopo un pò di silenzio)
Dopo un bel po’ di tempo torno a scrivere, scusate il lungo silenzio, ma il mese di giugno è stato pieno di impegni e comunque ne sono uscito tutto intero. Di novità ce ne sono, eccome. La prima, e senza dubbio quella che più ronza nella testa in questi giorni, è il viaggio che dal 17 luglio intraprenderò insieme a Fede per gli Stati Uniti. Destinazione Philadelphia, ospiti del Piggione, curioseremo nel paese a stelle e strisce e forse terrò aggiornato il blog con foto e commenti.
Per quanto riguarda la lettura, invece, ho un po’ di libri in arretrato da proporvi. Non vorrei scrivere per ognuno di questi un post, preferisco quindi lasciarvi un commento globale a questi tre titoli sperando che possano stuzzicarvi. Il primo che ho letto (ordine cronologico) è La banda Bellini di Marco Philopat, romanzo incentrato sulle vicende giovanili e politiche nella Milano degli anni settanta. Io lo definirei un libro di scrittura orale, si perché Philopat riversa nel romanzo le voci dei protagonisti, sembra quasi ascoltare un intervista in presa diretta che non esclude i suoni, le imperfezioni, i balbettii, i rumori insomma che disturbano l’atto del dialogare. La storia segue l’evolversi dei movimenti di sinistra dalla fine degli anni sessanta ai durissimi anni settanta, fino a giungere allo sgretolamento della coesione giovanile. Il libro, a mio parere, qualche volta si incespica, ci sono alcune zone grigie che allentano un po’ l’attenzione, ma complessivamente è un buon libro e una buona testimonianza di quegli anni.
Ho letto, subito dopo, alcune storie di Jack London, precisamente tre racconti della raccolta Racconti dello Yukon e dei mari del Sud, assaporando per la prima volta la scrittura tagliente e asciutta dello scrittore di San Francisco. I racconti di London hanno come protagonista la natura e le sue manifestazioni, a volte splendide, altre volte spietate. Il confronto tra uomo e natura, nel freddo del Nord America o nel caldo asfissiante dei mari del Sud, si incentra sull’leitmotiv “la natura non conosce il senso dell’etica”, e di conseguenza uccide o lascia vivere, sottrae o dona senza alcuna remora. Ho letto alcuni dei racconti di London perché, dopo aver visto Into the wild e approfondendo la storia di Christopher McCandless, ho scoperto che il viaggiatore senza meta era un appassionato dei racconti di Jack London. Effettivamente quella natura selvaggia ed ostile che Christopher affronta e cerca di conoscere, è descritta perfettamente dallo stesso London. L’uomo ha paura della natura perché sa che questa non limita la sua azione, perché la vita in natura è della natura, non si estranea in luoghi artificiali come le nostre città, e quando l’uomo tenta di domarla, la natura, questa si dimena e scalcia lasciando ferite profonde, a volte indelebili se non irrimediabili. L’uomo americano di fine ottocento che smania alla ricerca dell’oro, impatta spaventosamente con la realtà dura e cruda della natura: i meno trenta gradi del gelido nord che troncano le dita dei piedi o la solitudine straziante degli inverni passati, sono gli ostacoli che la natura interpone tra il volere dell’uomo e il suo completamento. E così gli eventi naturali diventano personaggi attivi, capaci di cambiare il destino degli uomini senza (ed ecco ciò che più inquieta Jack London) nessun senso di arbitrio, senza alcuna spiegazione antropocentrica. Se un libro o un racconto lascia qualcosa, allora è il caso di dire che la scrittura di London offre notevoli spunti per riflessioni: da leggere.
Infine l’ultimo libro che ho letto, terminato ieri sera, è L’ottava vibrazione di Carlo Lucarelli. E’ la colonia italiana di fine ottocento a fare da scenario: Massaua e l’Eritrea italiana, il caldo asfissiante dell’Africa, il sudore sui vestiti occidentali, le donne africane nude, i giovani soldati strappati dalle realtà rurali (e così differenti da regione a regione) e costretti a marciare sotto un sole cocente, tutto questo, e una storia avvincente, è il libro di Lucarelli. L’intreccio dinamico rende la storia sempre più interessante, ma, in aggiunta, è il contesto storico a far da padrone. Lucarelli utilizza una mole di particolari storici che rende al meglio l’ambientazione del romanzo e, soprattutto, modella a tutto tondo le caratteristiche dei personaggi. Tra queste quella di Vittorio che fa le magie, ovvero fa sparire parti dei materiali inviati da Roma, e poi Aicha, una commistione di femminilità e istinto felino, che usa un linguaggio incomprensibile, un mistero in quel vortice di dialetti italiani. L’ottava vibrazione è un romanzo coraggioso, si perché Carlo Lucarelli scommette in un romanzo per nulla facile, lontano dalle sue opere e imprese multimediali, la sconfitta di Adua è una pagina sottovalutata della nostra storia e lo scrittore di Parma cerca di ridarne luce e visibilità seguendo un ottimo intreccio tra dati storici e fiction. Forse il numero delle pagine allenta una storia che poteva essere ridotta, ma complessivamente l’impresa è riuscita, Lucarelli è da best-seller.