martedì 12 febbraio 2008

Ancora sui giovani


Sui giovani ha scritto anche Umberto Galimberti. Un libro dal titolo L’ospite inquietante e dal sottotitolo, leggermente più piccolo ma decisamente più incisivo delle parole che lo sovrastano, “il nichilismo e i giovani”. Galimberti, filosofo della psicologia, più volte invitato in dibattiti televisivi dove il suo pensiero si affievoliva e risultava utile a guarnire il ciarlare ispessito da cerone dei personaggi delle tv, in questo libro offre la sua visione sui giovani, un’analisi forte, disfattista, che lascia l’amaro in bocca. Insomma, sui giovani si spara a zero, senza pietà, indicando le loro debolezze, aridità, assenza di valori, insensibilità e quant’altro; c’è del vero, non posso negarlo, ma tutto sembra analizzato dall’alto verso il basso, standosene sul solito gradino generazionale. Potrei dividere il libro in due parti, la prima un po’ grossolana, perché impostata su considerazioni, a mio parere, insicure; una seconda parte, invece, basata su dati empirici che concretizzano il pensiero di Galimberti. Ad esempio, ciò che non mi ha convinto sta nel capitolo “La pubblicizzazione dell’intimità”, perché la partecipazione in audience dei giovani ai reality non è denigrante, e non è la prova che questa generazione è malata, ma semplicemente la dimostrazione che la televisione offre spettacoli decisamente scadenti che tutti, ma dico tutti, fruiscono. La spettacolarizzazione dell’intimità dei giovani, alimentata e distorta dai media, è un problema riscontrabile nella diseducazione ad un uso consapevole dei mezzi di comunicazione e non nella semplice criminalizzazione. Il video-bullismo è un fenomeno che trova vigore nella sua divulgazione scellerata da parte dei media, non è il sintomo di una generazione falsata, sono vigliaccate che ora divengono cronachetta in pasto alle scalette singhiozzanti dei telegiornali; pubblicizzare la propria intimità, non è solo il voler scandalizzare, acciuffare una visibilità facile, ma una ricerca (nel modo sbagliato, intendiamoci) di una propria coscienza nel freddo occhio di un videofonino. Sono d’accordo con Galimberti quando riesce a far emergere questa sua interpretazione nel libro: lo spaesamento generazionale, che anch’io sento, si manifesta in diverse forme, anche quella della codificazione in pixel del proprio vuoto. Conferma di tutto ciò è il capitolo dedicato ai ragazzi che lanciarono i sassi dai cavalcavia, una fotografia nitida del vuoto straziante che annulla ogni riferimento con la realtà. Ora, giunti a queste conclusioni (discutibili), cosa fare? Perché a sparare c’è tempo e munizioni a volontà, a sfornare ritratti sul malessere ci sono titoloni da Vespa o scoop strabilianti da Mentana, ma resta il fatto che nessuno sembra davvero interessarsi dei giovani.

Il nostro è un paese chiuso, sigillato, che sta sprofondando in forme di ghettizzazione sconcertanti. Sui giovani, purtroppo, si ripercuotono buona parte di questa sedentarietà culturale. Chiedo a gran voce un supporto positivo alla causa giovanile, mandano a quel paese le cosiddette frasi fatte, i borbottii generazionale, i rigurgiti del passato (che è passato). Alzati classe culturale, svegliati dal coma profondo, non lasciare che l’Italia sguazzi nelle contorsioni psichiche di Olindo Romano e Rosa Brazzi esaltate dai media, nelle soap-noir dei telegiornali, nei sorrisi candidi del prime time. Apri uno spiraglio, una breccia alle giovani sinapsi, qualcosa deve pur cambiare.

Postilla: il libro mi è piaciuto perchè ha lasciato spazio a miei riflessioni, mostrando una struttura critica elastica lontana da quelle considerazioni granitiche scritte da penne stizzose incuranti di chi leggerà il libro. Insomma, Galimberti lancia una provocazione che merita di essere raccolta e sopratutto approfondita.

4 commenti:

guccia ha detto...

Sì, si spara a zero volentieri sui giovani, senza capire che è la società che sta producendo quei vuoti che tutti cercano di disprezzare per primi.
Io sono giovane e non ho nulla da vergognarmi.
E' la struttura che non funziona, i discorsi per generazioni, mi dispiace, non reggono.

Adriano (Adrio) Petrucci ha detto...

hola...

io sto per divetnare docente di prima fascia...

purtroppo sti ragazzi ormai non si sa piu come prenderli...
ahhshahasha prof a 26 anni non è male...
urlate, ballate entrate in classe coi motorini....

alla fine credo mi pagheranno lo stesso;S
oi patassaaaaaa
che si dice?!

passa a vedere l'ammazza nonne e dimme se te ispira...
ciaooooo

Anonimo ha detto...

penso che i malumori di questa generazione abbiano in comune coi malumori della generazione precedente il fatto di essere malumori, nel senso che il pane prodotto dalla generazione attuale è il cibo di cui si nutrono i mass media e del quale, una volta digerito, si nutriranno quelli che piloteranno le nuove generazioni, non c'è nulla di intimo in una ragazza che si mostra al mondo tramite un cellulare perchè lei è il prodotto di mercato che viene comprato...le pecore ci sono sempre state e sempre ci saranno, la nostra (orami la loro) generazione è solo più pubblica :D

Andrea Patassa ha detto...

@guccia:è la lente generazionale a sfocare il fenomeno. Però non c'è quella lucidità di analisi capace di mettere in rilievo i punti fondamentali su cui discutere.
@adrio:beh, complimenti prof.adrio!
@danielinux:esatto, il filo conduttore che lega tutte le generazioni si perpetua e riesce sempre e comunque ad attribuire ruoli precostituiti, da una parte chi si lamenta dei giovani dall'altra chi si lamenta dei vecchi. Troppe volte si discute dei giovani senza scrollarsi di dosso questi preconcetti.