martedì 29 aprile 2008

Thank you


Dopo i primi risultati certi che davano Gianni Alemanno in netto vantaggio su Francesco Rutelli, per le elezioni del sindaco di Roma, i tassisti sono scesi in piazza ed hanno dato il via ai caroselli ed ai festeggiamenti. Forse erano a lavoro e, sentendo la radio, avranno mollato i clienti da qualche parte e saranno corsi a tutto gas verso il Campidoglio. La vittoria di Alemanno era prevista più da quelli che avrebbero dovuto votare Rutelli che, al contrario, dai sostenitori del centrodestra. L’elettorato di centrosinistra era consapevole della candidatura debole di Rutelli, piovuta dall’alto, e non è riuscita ad apprezzare un volto che non incarnava la novità e il cambiamento che il Partito Democratico persegue dal giorno della sua costituzione. La capitale è in mano ad un uomo dal passato inquieto che ha puntato la sua campagna elettorale sul fattore Roma uguale violenza dipingendola come la città più pericolosa d’Italia. Sarà, sta di fatto che la città con la più alta percentuale di rapine è Milano, non Roma. Aspettiamoci grandi cose da un sindaco che in passato ha scontato otto mesi di carcere per lancio di molotov, soprattutto riguardo al problema sicurezza.

Ma i più sentiti ringraziamenti vanno a chi ha consentito che a Roma salisse al Campidoglio un personaggio simile. Allora grazie alla Sinistra Arcobaleno, pronta a vendicarsi della presunta cannibalizzazione avvenuta alle elezioni politiche, non votando Rutelli, i compagnoni hanno preferito un sindaco pseudofascista che si lascia salutare, durante i festeggiamenti per la vittoria elettorale, in un modo alquanto incostituzionale, così da potersi legittimare ancora come opposizione e trovare motivo di esistere. E grazie mille alla lista civica di Beppe Grillo, la loro decantata anti-politica applicata alle realtà locali sembra far comodo alla peggiore politica d’Italia, quella che ha come leader il “Testa d’Asfalto” come lo chiama il loro ispiratore. E infine un grazie di cuore al loft del PD che ha partorito la scelta di Rutelli come sindaco di Roma, mi chiedo quali luminari della politica abbiano potuto indicare nella scelta dell’ex sindaco della capitale, la carta vincente per controbattere il trend delle politiche decisamente spostato a destra.

Si profilano tempi cupi, ma tanto noi siamo abituati a darci le martellate sui coglioni e subito dopo contemplare le stelle, infondo cosa potrà riservarci il futuro di così tanto drammatico?

mercoledì 23 aprile 2008

Pioggia su di noi


La pioggia, grassa, lacrimosa, lenta e inesorabile è la costante di Previsioni del tempo, il libro scritto dai Wu Ming per la casa editrice Verde Nero. Una storia che scorre lungo l’autostrada italiana, partendo dalla Campania, terra pesante, costretta ad accogliere rifiuti di ogni genere, di ogni natura, e sale la spina dorsale dell’Italia per dirigersi verso il Nord. I Wu Ming si cimentano in una storia tinta di verde per ragioni prettamente ambientaliste, cercano e trovano la chiave noir, quella che possa dipingere al meglio le atmosfere di un paese stanco, emaciato e sporcato dalle intenzioni criminali di chi si arricchisce attraverso il traffico illegale di rifiuti. E’ il legame tra il golfo di Napoli e la lontana Cina, quella che Marco Polo raggiunse in un viaggio lungo un libro, che oggi, invece, si materializza in un attimo tra container messi uno sopra l’altro come costruzioni Lego nel porto partenopeo.

«La Cina compra tutto, chiede tutto, vuole tutto. Ingurgita qualsiasi cosa, digerisce, fa scomparire. Moltiplica. Ogni momento interi grattacieli finanziari si edificano come dal nulla […] Quello che gli costa dieci io glielo pago uno. Pulito. Ditte, bolle, documenti, certificati […] Capannone dopo capannone, azienda dopo azienda, provincia dopo provincia. Marche, Emilia, Romagna, Veneto, Lombardia. Olii, solventi, vernici. Rifiuti speciali, ospedalieri, della catena agroalimentare. Scarti dell’edilizia, laterizi, i più ambiti. Oro».

I personaggi si muovono sotto la pioggia, andando incontro a destini incrociati, vite aggrovigliate che poi si stendono di chilometro in chilometro lungo l’autostrada sputa macchine. Alcuni personaggi si arricchiscono grazie a quello che tutti chiamano rifiuti, altri vivono all’ombra della criminalità che assicura una vita sicura, impiegatizia, come un posto al ministero, ed altri ancora, infine, nell’innocenza delle loro vite sono condannati a scontrarsi con l’interesse. La gerarchia dei caratteri, di chi anima la storia, viene stabilita secondo un rapporto di forza, di potere: un’Italia balorda che ottiene tutto con l’arroganza, verrebbe da pensare. E forse questo decadentismo sociale tanto analizzato dalla narrativa nostrana, trova anche in questo romanzo un’altra interpretazione di tutto rispetto. I rifiuti altro non sono che un escamotage, un indizio da cui partire per poi seguire le tracce che la penisola oleosa lascia lungo la sua storia, quella degli ultimi tempi, quella di sempre. I marciapiedi invasi dalla monnezza sono gli scarti di un’Italia che sta cambiando muta, che modifica i suoi costumi e che imputridisce secondo la volontà del più forte, del più stronzo. Qualcuno prova a scrivere il cambiamento, prova a descrivere il puzzo delle strade, ma anche la spersonalizzazione dell’identità, un malessere che Igino Domanin narra in Spiaggia libera Marcello. C’è quindi un’elaborazione del nostro paese a trecentosessanta gradi che tocca ogni ambito: un’analisi tentacolare lucida e narrativamente complessa che i Wu Ming, con il loro romanzo corale, riescono a elaborare meravigliosamente.

I Wu Ming si confermano nella loro bravura anche in questo piccolo ma intenso lavoro. Consigliato a chi già li conosce, a chi cerca una chiave fiction del dilemma rifiuti non solo organici (chimici, edili, fate voi), ma anche culturali.

sabato 19 aprile 2008

Darwin e il Tg2


Un po’ di tempo fa il Tg2 manda in onda un servizio molto breve sulla critica al darwinismo. La pillola informativa (dura pressappoco quasi due minuti) sintetizza il pensiero dell’evoluzionismo partorito da una mente acuta di nome Charles Darwin, usando come spunto di critica la recente pubblicazione di Rosa Alberoni Il Dio di Michelangelo e la barba di Darwin, dove si cerca di sfoltire la tesi sull’evoluzione premettendo però di non conoscerla approfonditamente. Ad introdurre il libro una brevissima affermazione del cardinale Renato Martino che parla di commistione marxista nelle tesi di Darwin e che, dopo il crollo della ideologia formulata da Marx, il nuovo nemico da combattere è il materialismo della teoria evoluzionista. Definirei agghiacciante la domanda retorica che il cardinale sottopone alla giornalista inerme: «ma lei si sente discendente da uno scimpanzè? Io no!».

I secondi passano, e dopo l’atto di fedeltà della Alberoni al creazionismo ed alla redenzione come lente per osservare l’evoluzione dell’uomo, arriva il commento del biologo genetista Giuseppe Sermonti. La sua analisi associa l’evoluzionismo darwiniano alla discriminazione razzista, insomma, l’evoluzione di Darwin, per il professore, è la sopraffazione del forte sul debole, nient’altro. Finisce il servizio, le telecamere tornano in studio e il telegiornale continua la presentazione di notizie.

Ecco la cosa grave. Il servizio fa un’analisi critica, giustamente accolta in un format informativo del servizio pubblico che deve saper garantire il pluralismo delle opinioni, ma il problema è che infrange ogni codice deontologico non ammettendo il contraddittorio. Per un servizio pubblico come la Rai questo è inammissibile, è segno di evidente controllo e imposizione mediatica.

Un servizio del genere dovrebbe essere portato come esempio negativo nelle scuole di giornalismo, ecco come non si fa un servizio televisivo ragazzi. Non è neanche onesto intellettualmente, perché, forte dell’ondata creazionista proveniente dagli Stati Uniti dove la diatriba ha raggiunto livelli di tensione molto alta, e della Chiesa cattolica ancora non esposta chiaramente sulla contesa tra scienziati, filosofi e teologi, si fa forte di opinioni che meriterebbero un dovuto approfondimento così da permettere al telespettatore di poter comprendere al meglio ciò di cui si sta discutendo. Al contrario, così facendo si vuole far passare la tesi sull’evoluzionismo come una teoria scientifica debole (peccato che fino ad oggi non sia stata ancora confutata) confrontandola con la tesi creazionista che, attenzione, scientifica non è. Tutto questo durante il telegiornale non è stato sottolineato, quantomeno accennato.

Per fortuna che il pollice ha ancora il coraggio di premere il tasto rosso e di arrestare il flusso continuo di informazione parzialmente scremata che proviene dallo schermo luminoso. Fa sempre male dover assistere a queste cadute di stile, soprattutto se a cadere è il servizio pubblico pagato da tutti gli italiani. Sgranchitevi i pollici dunque, c’è da spengere un po’ di televisori.

giovedì 17 aprile 2008

...ma c'è pur sempre una speranza

Sinceramente la sconfitta era da tenere in conto, senza dubbio. Ma di certo una emorragia di voti, verso la Lega Nord, francamente era inaspettata. Non parlerei di batosta, ma di passaggio epocale, una svolta imprevista dopo tanti anni di tepore politico, di sonnolenza delle sinistre, di frammentazione estrema dei partiti. Certo, il futuro che si profila è incerto, non prevedibile, ma è un dato di fatto che un certo tipo di politica si è fermata inesorabilmente al capolinea.

La mia paura è che degli errori fatti in passato non potranno essere più corretti, mi riferisco alla costituzione del Partito Democratico ancora troppo giovane e frettoloso, incapace di costituire un nucleo forte, plasmato sulla realtà del paese e, soprattutto, diverso. Veltroni parla ancora a pochi, non riesce a convincere C’è la possibilità di riprendersi in questi duri anni di opposizione (perché cinque anni saranno, punto).

La caporetto della Sinistra Arcobaleno è un’altra sorpresa. Un travaso di voti dal PD verso la SA ci poteva stare, magari moderato, ma ci poteva stare; invece è andata diversamente, perché, escludendo la emerita baggianata dei leader della SA ancora frastornati che indicano il carnefice in Walter Veltroni che, a detta loro, ha cannibalizzato i voti della sinistra, il dato di fatto è che la perdita di voti c’è stata su tutti i fronti. La Lega nel settentrione succhia via voti a molti altri partiti (compresa SA), forte del punto sulla sicurezza, il federalismo fiscale e la convinzione che una politica di protezione del territorio, radicata e goliardica sia l’unica risposta che il Nord possa accettare. Certo è che la storiella dell’operaio compagno rosso che lavora nelle fabbriche è veramente anacronistica: i bassi stipendi, al Nord vota Lega, al Sud vota Berlusconi, rendetevene conto. Se Berlusconi vince è perché da questa parte noi non siamo capaci di proporre un’alternativa seria, forte, consapevole e finalmente libera da troppi anni di seghe mentali. Veltroni ha provato a fare l’Obama italiano, per adesso è ancora Kerry, confido nel futuro. Intanto mi diletto con il Kobra di Donatella Rettore, vera espressione culturale/sociologica di questo paese. E vai col ritmo.


sabato 12 aprile 2008

Come va Italia?


Come va Italia? Un’altra volta alle urne, mi dicono. Tu come ti sveglierai domattina? Che vestito indosserai? Forse un abito chiaro, candido, quello che non passa mai di moda, o magari qualcosa di leggero, non appariscente. Numeri e numeretti diranno chi ti governerà, cara Italia. Attenderai, nervosa come sempre, spengendo e accendendo l’ennesima sigaretta, sbufferai fumo azzurino dalle narici, lo schermo rigato della televisione ti illuminerà. C’è chi parte e ti lascia, altri restano, molti aspettano senza fretta. Come va Italia? Mandami un saluto, mi basta un cenno delle tue dita esili senza staccare gli occhi dai risultati, io accosto piano la porta per non disturbarti. Fuori è notte e tutto sembra così perfetto.

sabato 5 aprile 2008

L'Italia in comune


Mai pensato di fare un giro per l’Italia? Io si. Mi piacerebbe prendere l’auto e partire dal basso, dalla Sicilia, per poi risalire, lungo la spina dorsale del Mediterraneo, la nostra Italia. Mi piacerebbe fermarmi per le varie città, addentrarmi per i loro centri storici e poi visitare le appendici urbane, le periferie. Sosterei negli autogrill, i non luoghi per eccellenza, gli spazi neutrali, senza alcuna identità, teatro di vite che si incrociano, che passano leggere nelle loro scatole di ferro e plastica. Ogni città in Italia ha una sua precisa identità, un suo passato profondo e radicato, una sua coscienza storica fatta di amici e nemici; le città in Italia sono i comuni, forse la concezione politica più importante che il nostro paese ha saputo concepire ancora viva, sentita e apprezzata dagli italiani. Un fiorentino non è un romano, tanto meno un livornese da un pisano; e che dire di un palermitano così diverso da un milanese. Eppure c’è un filo rosso che unisce tutte le città, tutte le storie, un minimo comune determinatore, credo che sia la strada, quella che trasporta e che unisce, quella che si riempie di voci e di fatti, il luogo di connessione, di intreccio e di scambio. Le città italiane sono come tanti cuori pulsanti legati tra loro dalle arterie asfaltate, ogni cartello di benvenuto è l’inizio di una nuova realtà diversa da quella appena lasciata che, di fatti, è sbarrata con una linea rossa trasversale. L’Italia non ha un volto, ma mille occhi per mille identità, è un nostro limite, è una nostra ricchezza.

Leggendo Curzio Maltese nel suo I padroni delle città si può fare un giro per l’Italia dei comuni. Si parte proprio dal Sud, quello siciliano, risalendo pian piano, attraverso facce, storie, paesaggi e vicende nostrane tutta l’Italia. Forse i capitoli mancano di un certo approfondimento, lo stile giornalistico infatti, invoglia a conoscere più da vicino le realtà urbane della nostra Italia. Non c’è dubbio che il primo capitolo, dedicato a Palermo, resta quello più intenso e probabilmente più sentito. Salendo l’Italia, e quindi sfogliando le pagine, Curzio Maltese offre spunti di riflessione da una città immobile come Venezia o alle contraddizioni di Milano, tornando a Sud, ai silenzi inquietanti di Reggio Calabria o allo sviluppo squilibrato di Bari. Il capitolo che meno mi ha convinto è quello su Roma, una riflessione poco incisiva, soltanto qualche abbozzo mescolato a descrizioni un po’ troppo patinate che stridono con la rappresentazione mentale (riscontrata con la realtà di tutti i giorni, visto che sono romano) che io ho di Roma. Quello che il libro lascia, il residuo mentale depositato sul fondo del cervello capace di manifestarsi nel tempo, è una fotografia, a volte nitida, altre volte un po’ sfocata, su questa Italia poliedrica dalla storia tormentata, fatta dai tanti feudi, dai mille poteri, dagli 8101 comuni sparsi sul territorio e alla disperata ricerca di un filo comune.

mercoledì 2 aprile 2008

Mangiarsi le fragole a gennaio

Lo so, scrivere di uno spettacolo teatrale ormai terminato non è molto utile soprattutto per chi lo promuove, fatto sta che non posso fare a meno di scriverne qualcosa, quindi non biasimatemi.

Fatta la premessa vi racconto di Fragole a gennaio, uno spettacolo teatrale divertente, coinvolgente, dai ritmi dinamici e dalle situazioni mai scontate o prevedibili. E poi la grande professionalità dei suoi quattro giovani attori, capaci di spaziare nella recitazione ora con ilarità e guitti comici, ora con riflessione e toni pacati, sorregge le impalcature della storia scritta originariamente da Evelyne de la Chenelière. La vita di Francois personaggio magnetico dal carattere fresco e colorato, interpretato meravigliosamente da Josefia Forlì, si intreccia con quella di Sophie sua coinquilina, una ragazza stravagante in bilico nel suo umore altalenante e sfuggente, l’interpretazione di Claudia Salvatore riesce a riprodurre tutte le sfumature e le imperfezioni del personaggio. C’è poi Robert un professore di letteratura dall’animo eclettico, anticonformista, profondamente radicato nelle sue convinzioni, lontano dagli studi perché deciso a prendersi un anno sabbatico, è Riccardo Monitillo ad interpretarlo e lo fa benissimo mostrando le spigolature del personaggio, le sue insicurezze nascoste da uno spesso strato di falsa saggezza. Infine c’è Lea, dalla interpretazione di Enrica Nizi si comprende lo stato d’animo, anche esso complesso, ma più ingenuo e sincero rispetto a quello degli altri personaggi, forse il vivere lontano dalla città e dalle sue complessità rende Lea utile a ristabilire un ordine dei sentimenti vorticosamente messi in discussione durante la storia.

Mi sono divertito, la storia mi ha fatto pensare, sorridere e, perché no, appassionare alle vicende di Francois immerso nella rete di rapporti perennemente in bilico tra la realtà (a volte dura, ma ricca di finali “alternativi”) e il vivere in un film con le sue luci, le inquadrature, le musiche (un film senza musica non coinvolge, e poi nel film il finale è quello e basta). Complimenti ad Alessio Mosca il regista esordiente e all’organizzazione che ha saputo promuovere attraverso il web, in modo intelligente e dinamico, lo spettacolo, e perché sono stati capaci di dar vita ad una piccola e sorprendente messa in scena dei sentimenti nelle loro infinite sfaccettature.